Riflessione su “Romolo – Il primo Re” di Forte e Anselmi

LIBRI

Cari lettori,
oggi parleremo di “Romolo – Il primo Re” di Franco Forte e Guido Anselmi.

Il romanzo inizia nel 772 a.C., in un buio e freddo villaggio di pastori, un pugno di capanne di rami e fango di nome Alba Longa. Rea Silvia è una vestale del tempio di Marte. Amulio, lo zio paterno, la tiene prigioniera di un amore morboso e incestuoso. Sorpresa nel corso di un amplesso con uno schiavo, la vestale si giustifica affermando di essere stata posseduta dal dio Marte in persona. Amulio non le crede ma è costretto dai sacerdoti ad accettare la gravidanza. Quando Rea Silvia dà alla luce due gemelli, il tiranno ordina l’esecuzione della donna e incarica un suo schiavo di abbandonare i neonaterttei alla corrente impetuosa del Tevere. Lo schiavo, però, è l’antico amante di Rea Silvia e porta i gemelli in salvo, affidandoli a una prostituta conosciuta con il soprannome di Lupa. Da lei li prenderà un pastore del Colle Palatino, di nome Faustolo. Inizia così la leggenda di Romolo e Remo. Sin dall’infanzia, i due dimostrano caratteri contrastanti: Remo è impetuoso e facile all’ira, mentre Romolo, eroe della storia, è avveduto e riflessivo. Insieme, Romolo e Remo libereranno Alba Longa dal giogo del tiranno Amulio e otterranno così il permesso di fondare una nuova città, che si chiamerà Roma.

È un vero e proprio capolavoro! Avevo grandi aspettative attorno a questo libro, di cui hanno fatto anche una trasposizione cinematografica completamente recitata in protolatino. Aspettative che si sono dimostrate giuste, visto che la storia mitologica della nascita di Roma, della dicotomia tra i due leggendari fratelli e le successive guerre dopo il “ratto delle Sabine” vengono descritte verosimilmente attraverso un mondo arcaico, crudele, dove la violenza ne fa da padrona. La descrizione dei personaggi è divina, i protagonisti e gli antagonisti principali hanno una psicologia ben definita anche tramite la presenza di background di un certo spessore. La scrittura scivola via che è un piacere, molto introspettiva e descrittiva al punto giusto, ma mai prolissa anche grazie all’alternanza di pochi ma decisivi pov. Insomma, è come se gli autori permettessero di catapultare il lettore nell’VIII a.C. grazie al realismo di uno dei miti più belli e suggestivi di sempre!

BL

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